I consorzi ASI sono enti pubblici economici che hanno il compito di promuovere le condizioni necessarie per lo sviluppo di attività imprenditoriali. Una funzione fondamentale, ancor più alla luce dell’imminente concreto avvio della ZES, la Zona Economica Speciale della Campania. L’ASI di Napoli comprende 7 agglomerati industriali per una superficie di oltre 2 milioni di mq. Una realtà importante, non priva di problemi, che si propone quale protagonista della crescita economica del territorio. Ne abbiamo incontrato il presidente, avvocato Giuseppe Romano.
Lei presiede il Consorzio dal 2015, vuole tracciarne un bilancio?
Quando mi sono insediato l’ASI era in una situazione di stallo, non venivano assegnati i suoli. Abbiamo quindi riavviato il meccanismo, assegnando suoli a 82 nuove industrie che si sono insediate nei diversi agglomerati. Abbiamo poi approvato la variante di Caivano, che ha permesso l’acquisizione di oltre 500.000 mq. disponibili per nuovi insediamenti. E’ stata portata avanti la variante di Nola. Accanto a questa attività tipica, abbiamo avviato il risanamento finanziario dell’Ente. Il debito, pari a 40 milioni di euro nel 2015, oggi è dimezzato e il bilancio dello scorso anno presenta due milioni di attivo.
Nonostante la crisi economica c’è quindi richiesta di nuovi suoli?
Stranamente, si. Anche perché abbiamo cercato di rendere più attrattive le aree dell’ASI offrendo servizi aggiuntivi. A cominciare dalla sicurezza. Siamo riusciti a farci finanziare il primo progetto pilota delle Regioni meridionali sul PON legalità. Quindi, alla fine, si è determinata una richiesta delle industrie che appare in controtendenza rispetto al dato generale.
Eppure, in alcuni agglomerati si lamentano servizi non adeguati.
E’ evidente che tutto è migliorabile. Non c’è dubbio che c’è da recuperare moltissimo sulle manutenzioni stradali e del verde, ma questo potrà essere fatto solo quando l’Ente avrà la necessaria provvista economica. Questo è il mio tentativo.
Il consorzio come si finanzia?
La domanda è pertinente e precisa perché proprio questo è il punto. Io ritengo che il consorzio debba vivere non già di emergenza ma di normalità. La normalità viene data in primo luogo dal servizio idrico svolto in favore delle imprese, per il quale il Consorzio è riconosciuto come unico subfornitore regionale. Per esempio, in alcuni agglomerati acquista l’acqua da Gori a 10 e la rivende alle aziende a 10 + 1 per i servizi generali. Se l’azienda acquistasse l’acqua direttamente da Gori, la pagherebbe 12 perché al Consorzio viene riconosciuta un’economia di scala. La voce acqua incide sul bilancio intorno al 50/60% e abbiamo ridotto quell’esposizione debitoria di cui parlavo prima che per l’80% era costituita dal debito idrico nei confronti dei fornitori principali.
Cha a loro volta pare non paghino l’acqua alla Regione.
E’ un circolo vizioso che va trasformato in virtuoso. Chi prende l’acqua dalla Regione non paga perché a sua volta non viene pagato dal subfornitore, il quale non viene pagato dalle aziende. Abbiamo cercato di mettere ordine innanzitutto facendo la transazione con Gori e quindi azzerando completamente il debito e pagando l’acqua effettivamente acquistata. Stiamo individuando, nei singoli agglomerati, le reali disfunzioni del servizio. Le faccio un esempio banale. A Nola acquistiamo un monte acqua di 100 ma ne rivendiamo solo 50, a causa di perdite che non possono essere solo fisiche. Quindi, attraverso un’indagine geotermica, stiamo rilevando gli allacci abusivi.
E gli altri ricavi?
Derivano dall’assegnazione dei suoli. Abbiamo risanato il bilancio anche puntando sulla vendita dei suoli. Il compito istituzionale del Consorzio è proprio questo: promuovere lo sviluppo attraverso l’espropriazione dei suoli che vengono venduti alle imprese. Negli ultimi tre anni il trend delle domande di insediamento è aumentato di circa il 20% all’anno e c’è addirittura la necessità di procedere ad ulteriori varianti.
Questo però vuol dire fare conto su una domanda costante nel tempo.
Se questa può essere considerata un’operazione in qualche modo straordinaria, perché le vendite si dovrebbero prima o poi in qualche modo fermare, il regime delle ASI vuole che a fronte del servizio che si eroga alle aziende venga riscosso un compenso: per la manutenzione delle strade e del verde, per gli asili nido, le palestre, i centri servizi all’interno degli agglomerati. Questo consentirà a regime di avere, a fronte di una spesa di 100, un ricavo di 110.
Come si pensa di risolvere il grave problema dei collegamenti?
Esiste una programmazione elaborata con l’assessore regionale Marchiello, che ha una competenza precipua per essere stato commissario dell’ASI. Si è verificato un cambio di passo determinante con la sua gestione. Penso per esempio ad Acerra, dove è previsto che la ferrovia arrivi all’interno dell’agglomerato. Io sostengo da tempo che non c’è industria senza logistica e non c’è logistica senza industria. Quello che bisogna fare è accorciare le distanze tra agglomerati industriali, aree retroportuali e aree portuali, anche in ragione della caratterizzazione di sei dei nostri sette agglomerati come aree rientranti nel perimetro ZES.
Veniamo allora alla ZES. La Regione vuole le ASI protagoniste della relativa gestione.
Per una ragione semplice: il perimetro delle ZES ricomprende per la maggior parte aree ASI. La mia idea è che, se è vero che le ZES vengono comunemente associate all’incentivo fiscale, la semplificazione è fondamentale.
Però, tra Comitato di indirizzo e Cabina di regia regionale, la partenza non sembra tanto semplice.
Si sarebbe potuto partire diversamente, la semplificazione però passa attraverso norme concrete. Io ho un’idea semplice, condivisa dalla Regione. Consentire che l’allocazione delle nuove industrie avvenga attraverso una procedura che non duri più di 30 o 40 giorni. Come? Evitando l’attuale pletora di pareri e permessi e affidando il ruolo principale ai Consorzi ASI. Sfruttando la legge regionale esistente, l’imprenditore che acquista un’area sa già cosa può realizzare e gli basta una semplice istanza.
Questo sarebbe sufficiente?
Intanto occorrerebbe una somma ben superiore a quella ipotizzata di 50 milioni di euro per gli incentivi fiscali. Poi è necessario lavorare tutti in sinergia. Al presidente Spirito chiederei di condividere con i singoli componenti della Cabina di regia le migliori strategie da utilizzare. Bisogna pensare alla durata dei singoli investimenti e non solo all’orizzonte temporale della ZES, che è limitato. All’assessore Marchiello chiedo di continuare ad adoperarsi, come sta facendo, per rendere concrete, come è abituato a fare, le proposte che vengono avanzate.
Fonte: genteeterritorio